domenica 30 ottobre 2011

Il manipolatore della luce: il fotografo


PhD. Omar Pandoli
Cell. +39 3337672496
Email: omar.pandoli@unife.it

Dipingere col Sole

Il manipolatore della luce: il fotografo

Laboratorio di Chimica Fotografica

Il fotografo è l'unico artista capace di scrivere con la luce, egli fra tutti la chiude, la ferma, la fissa come nessun altro può osare per creare la sua opera artistica. Egli la osserva dal mattino al tramonto e quando scintilla la spinge nella sua camera oscura e la pone in contatto col nobile argento. Una volta rapita chiama a soccorso mille arti infernali: la chimica, l'ottica e la fisica ed una volta adagiata sul quadro ella rappresenta l'immagine del suo scrittore. La parola fotografia deriva dall'unione di due parole di origine greca luce (φς | phôs) e grafia o scrittura (γραφή | graphis), le quali letteralmente unite significano "scrivere con la luce".
La luce per noi deve essere il punto di partenza. Facciamo un esperimento semplicissimo. Costruiamo una cassetta: ad una faccia di un cubo, in mezzo, pratichiamo un foro e incastriamo in esso una lente convergente, togliamo la parete opposta e rimpiazziamola con un vetro smerigliato. Guardiamo tale vetro coprendo la nostra testa con un panno scuro. Spostiamo avanti e indietro il vetro finché  l'immagine del paesaggio appaia nitida. Ecco la camera oscura, da essa alla fotografia vi è solo un passo: questo passo venne fatto però in quasi trecento anni.
Nell'eseguire tale esperimento viene naturale l'idea di poter fermare sulla carta i disegni colorati che la luce vi dipinge con magica mano. Per molto tempo la camera oscura non è  servita ad altro scopo, poiché, ponendo sul vetro smerigliato un foglio di carta bianca, sottile, vi si riproduce  il disegno stesso e con matita è agevole tracciare il paesaggio che la luce ha formato. Siccome però la figura risulta capovolta e il paesaggio va cambiando di ora in ora, risulta difficile riprodurre con esattezza tale immagine. Ecco come sorge spontanea l'idea di far lavorare la luce. Da questa volontà proviene la scoperta della fotografia.
Se noi invece di ricevere l'immagine sul vetro smerigliato la riceviamo sopra un agente chimico (materiale fotosensibile)  che sia suscettibile ad essere impressionato dalla luce avremo il passo determinante nella soluzione del problema: questo non è altro che il fenomeno desiderato della fotografia.
La luce per il fotografo agisce in due modi: primo, come illuminatrice di tutti gli oggetti da poter essere riprodotti nella camera oscura; secondo, come agente fotochimico nel modificare le sostanze chimiche che ricevono l'impressione luminosa.
Adesso abbiamo i tre elementi essenziali che ci danno un'idea generale di ciò che sia la fotografia: la camera oscura, la lente riproduttrice (l'obbiettivo) e lo schermo che ora diremo fotosensibile.
La camera oscura e l'obiettivo costituiscono l'apparecchio, e lo schermo fotosensibile è ciò che si potrebbe dire il luogo della chimica della fotografia.
La camera oscura, come detto prima, nella sua forma elementare è una cassetta quadrata o rettangolare che ha un foro nel centro in una delle due facce. L'immagine si riproduce capovolta, perchè?
La spiegazione è assai facile. Supponiamo che si riproduca una chiesa col suo campanile: la luce si propaga in linea retta e quindi i raggi luminosi che partono dalla sommità del campanile passano dal foro, continuano sempre in linea retta e si fermano in basso allo schermo. Quelli provenienti dalle parti basse dell'edificio penetrano nel foro e si vanno a inscrivere, continuando la retta, nelle parti superiori dello schermo, similmente le parti a sinistra passano a destra e viceversa. Ponendo la lente al foro non cambia il fenomeno, e quando invece della lente porremo un complesso di lenti formanti ciò che si dice obbiettivo, si ripete lo stesso effetto con inversione delle immagini.



DESCRIZIONE E USO DELLA MACCHINA FOTOGRAFICA.
La macchina fotografica e l'occhio umano presentano molte similarità. L'occhio è composto da una lente trasparente (cristallino), posta dietro la cornea, anch'essa trasparente, che mette a fuoco un'immagine sulla parte posteriore dell'occhio, la retina, proprio come la fotocamera mette a fuoco l'immagine sulla pellicola fotosensibile. La retina è una naturale rete fotosensibile composta da migliaia di cellule. Un'iride pigmentata, situata vicino alla lente, si ingrandisce o rimpicciolisce col variare dell'intensità luminosa, proprio come il fotografo modifica l'apertura del diaframma nella fotocamera. Similmente in una fotocamera, la luce penetra attraverso l'obbiettivo (cornea e cristallino nell'occhio) e passa dal diaframma (iride) che si rimpicciolisce o si allarga per regolarne la quantità. Dopo la messa a fuoco, la luce entra nell'otturatore e colpisce la pellicola (retina).

SENSIBILITA' ALLA LUCE
La pellicola fotosensibile, risulta essere un film di celluloide ( miscuglio di fulmicotone e canfora riscaldati e foggiato a pellicola) su cui vi è depositato uno strato sensibile di gelatina di bromuro di argento. Tale sensibilità fa si che sulla pellicola foto-eccitata (immagine apparente non visibile) e a contatto con dei rivelatori (o sviluppatori chimici) l'immagine latente venga rivelata sotto forma di punti chiaro-scuri (dal bianco al nero) mediante l'annerimento dei sali d'argento.
Lo sviluppo dei negativi è il primo passo verso l'autonomia fotografica.
Ottenuto lo sviluppo del negativo possiamo passare alla stampa del positivo su carte fotosensibili. Anche sulle carte fotografiche sono depositate le emulsioni fotografiche sensibili, solitamente miscele di alogenuri di argento (cloruro e bromuro di argento).

LABORATORIO FOTOGRAFICO
Il fotografo ha il suo tempio: il gran mago, signore della luce, ha chiuso nei misteri dell'oscurità i suoi preparati, ed una debole fiamma rossa fa apparire quel ambiente come fantastico e diabolico.
Prima però di entrare nel laboratorio diamo alcune spiegazioni sugli agenti chimici che ci serviranno per compiere il mirabile miracolo.
Sia per lo sviluppo del  negativo che  per la stampa del positivo si impiegano successivamente tre soluzioni chiamate: sviluppo, arresto e fissaggio. La tecnica fotografica di per se è semplice, ciò che richiede precisione e meticolosità sta nell'osservazione della temperatura dei bagni fotografici, della durata e  dell'uso razionale delle soluzioni.

L'elenco dei prodotti chimici necessari nel laboratorio del fotografo è brevissimo, sia che si voglia preparare da sé i bagni di sviluppo, sia che si preferisca usare le confezioni preparate dalle aziende preparando le opportune soluzioni diluite.
I prodotti necessari sono:
idrochinone- sviluppatore per negativi e per carte;
sodio solfito anidro -  conservatore (antiossidante) dei bagni di sviluppo;
sodio carbonato anidro – alcalinizzatore e acceleratore dei bagni di sviluppo;
acido acetico glaciale – per bagni di arresto e di lavaggio;
sodio iposolfito cristalli – sale fissatore per negativi e per  carta.
Nessuno dei prodotti citati è velenoso. La solubilità di tutte queste sostanze è ottima in acqua leggermente calda.

 

Preparativi Vola Vola Ecofestival 2007 by Ass. Rosaemente from Rosaemente on Vimeo. Glomera web tv webtv